domenica 19 agosto 2012

Storie di paese: Mila e Catarina


Storie di paese

Come in ogni altra parte del mondo sta diventando sempre più un paese multietnico, anno dopo anno ci sono sempre più ospiti: albanesi, polacchi, rumeni.
Non so perché ma voglio parlare proprio di loro, dei loro disagi e delle loro storie, che a noi sembrano strane o non gli vogliamo dare ascolto, ci limitiamo solamente a salutarli trovandoli per strada.
A loro non basta un semplice buongiorno, ma gli interessa fare qualche giornata di lavoro per avere un pezzo di pane ed un tetto sulla testa dove poter piangere di nascosto i propri disagi.
Io rimango stupita quando li incontro per strada, quando li saluto loro mi rispondono con un sorriso smagliante come il sole, sono esseri vitali che si accontentano di poco.
Ma adesso vi racconto delle amiche Mila e Catarina.
Mila si trova in Basilicata a fare assistenza ad una persona anziana e ai suoi familiari.
Quando l’ho conosciuta mi abbracciò e mi strinse le mani, sapeva dire poche parole in italiano, ma negli occhi si leggeva la sofferenza appena terminata, umiliata dalle parole, dormiva poco, mangiava gli avanzi.

Ma quello che mi ha sconvolto di più erano quei lividi sulle braccia che mi fece notare alzando le maniche della camicia. Io non tollero la violenza e le ho suggerito subito di denunciare tutto, lei subito mi fece segno con le mani al cielo parlando in lingua rumena, capii che diceva che sarebbe stato Dio a prendersi cura di lei. Mila è stata ospite di persone sensibilissime, hanno condiviso il pane e tutto quello che avevano, finché dopo un po’ …cominciò a sorridere di gioia, trovando la sua serenità, incontrando una persona affettuosa, aiutandola in tutti i modi e risolvendo tanti problemi. Ma la preoccupazione maggiore era la famiglia lasciata in Romania, un figlio di 15 anni e una ragazza in Spagna. 

Adesso sono felice perché quando incontro Mila mi abbraccia e mi saluta come una sorella e la prima cosa che dice è: come stai?
Il loro modo di salutare è come una parola chiave, non come noi che quando ci incontriamo ci diciamo ciao e basta. Guardando le foto che mi mostra ogni volta abbracciata ai suoi cari.. Mila .. ha ragione: Dio esiste e non dimentica le persone umili.
In breve vi voglio raccontare la storia di Catarina, madre di due figli. In Romania aveva un podere, cioè una masseria e il marito camionista. Lei portava avanti l’azienda, coltivava la terra e accudiva gli animali della fattoria, ma per finire la giornata al rientro del marito le percosse non mancavano mai, sapeva anche di essere tradita, sopportò questo per bel 24 anni. Ma un giorno il marito la cacciò via di casa. Cosa fare? Si chiese. 

Visto che in Romania c’è tanta miseria, vado in Italia, farò i soldi così mi comprerò di nuovo una fattoria per campare. Gli ho detto: Catarina qui non è l’America, qui bisogna fare i conti con la spesa, l’affitto di casa, le bollette, i viveri, il vestiario, ecc..le giornate per zappare stanno finendo, ma lei replicava: io trovo altro lavoro, io voglio lavorare dignitosamente. Io non risposi, mi zittii e non replicai più niente. Hanno una forza incredibile, si attaccano alla vita come l’edera si attacca ai muri, sono forti, devo dirlo, molto più forti di noi che stiamo bene per non dire benissimo di fronte a loro.
Eppure sento donne lucane lamentarsi in continuazione, dicono “ ho tutto, non mi manca niente eppure sono infelice, voglio andare dallo psicologo.

Ci sono tante altre storie da raccontare, ma lo spazio è limitato. Voglio sottolineare quando incontrate queste persone siete più solidali e non criticare in maniera maligna, loro lo sanno quello che pensate di loro. Le donne emigrate non sono tutte di quello stampo, dietro a ognuno o ognuna di loro c’è una storia di sofferenza e di emarginazione, hanno solamente la rabbia di non poter vivere nel loro paese e nella loro terra. Mi fa tenerezza e gioia quando tra loro si incontrano, si abbracciano, si chiedono se ci sono problemi, si aiutano ma soprattutto si incoraggiano. E’ duro indossare una bella maschera fuori dalle mura domestiche. Io ho visto le lacrime bagnare i loro bei visi, quegli occhi lucidi mi sono rimasti e rimarranno sempre nel mio cuore.
E’ quella dignità umana che loro ci insegnano a noi gente lucane, ma soprattutto la loro profonda solidarietà.